La replica è un particolare
controllo metallografico che consiste nell’imprimere, su una superficie opportunamente preparata, un film plastico di modo da ottenere una micrografia “negativo” della superficie esaminata.
Il film di plastica, o di acetato di cellulosa, viene conservato e utilizzato per la successiva osservazione al microscopio, al fine di
determinare la struttura del campione in esame.
Perché e quando si utilizza il metodo della replica metallografica?
Il controllo della microstruttura mediante replica metallografica è particolarmente adatto nei casi in cui si voglia eseguire il controllo direttamente sul pezzo, senza danneggiarlo. Esempi applicativi sono:
- componenti in esercizio in particolari condizioni di pressione e alta temperatura, al fine di valutare l’evoluzione microstrutturale e monitorare il fenomeno di creep;
- componenti saldati, per una valutazione della zona fusa (ZF) e della zona termicamente alterata (ZTA);
- materiali semilavorati, per verificarne lo stato superficiale prima delle lavorazioni successive;
- componenti prima di essere messi in esercizio, per avere una valutazione e registrazione della microstruttura di base, che verrà poi confrontata con i rilievi nelle ispezioni successive, al fine di controllare l’evoluzione e la vita residua del componente stesso.
Il principale svantaggio della metallografia mediante replica è la diminuzione in risoluzione della microstruttura rispetto al metodo tradizionale e la potenziale maggior presenza di artefatti che potrebbero interferire con l’analisi metallografica.
È particolarmente importante che le fasi di preparazione della superficie ispezionata, conservazione, osservazione al microscopio e valutazione della struttura siano eseguite da operatori esperti.
Quali sono i passaggi essenziali nel metodo della replica metallografica?
La prima fase è la preparazione della superficie del pezzo da osservare che può essere fatta per via manuale o per via elettrolitica.
Nel caso di lucidatura manuale, l’area oggetto di indagine deve essere dapprima pulita, eventualmente molata (ad esempio in caso di ossidi, vernici o altri strati superficiali depositati), e infine lucidata e levigata rispettivamente con carte abrasive e panni che consentano una finitura via via più elevata.
La lucidatura elettrolitica, invece, è effettuata con l’ausilio di una apposita lucidatrice che sfrutta l’azione combinata di una specifica soluzione (elettrolita) e di un apporto di corrente per lucidare una porzione di superficie da esaminare.
In entrambi i casi, sulla superficie così preparata si esegue l’attacco chimico metallografico, scelto in base al tipo di materiale e allo scopo dell’indagine.
Successivamente, un film plastico/acetato di cellulosa viene applicato e fatto aderire mediante opportuno solvente sull’area preparata. Il film, una volta asciugato completamente, viene rimosso con attenzione e adagiato su un vetrino per l’osservazione al microscopio e la conservazione della replica stessa.
La fase finale prevede l’osservazione al microscopio e la valutazione della microstruttura del materiale da parte di tecnici metallografi esperti.
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